
Cinque inediti per cinque autori diversi per Festeggiare il 21 Marzo e la “La primavera dei versi”
a cura di Francesca Ferrara @netnewsmaker © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il 21 Marzo si festeggia la giornata mondiale della poesia.
MagnArt, ha dedicato spazio ai versi per ben 12 mesi nel 2017 creando una sezione specifica #MagnArtPoetry
Nel 2018, MagnArt celebra la sua prima giornata mondiale della poesia con alcuni ‘omaggi’ dei poeti protagonisti della stagione 2017 di MagnArtPoetry:
(TUTTI I DIRITTI VERSI INEDITI RISERVATI AGLI AUTORI)
Ketti Martino
si apre la parola
e dà spazio al vento
preme sulla lingua
si fa strada nella bocca
come rosa antica e scheggia,
goccia che conosce fiamma
e scava nella roccia
per conservare l’anima.
Floriana Coppola
Non c’è tempo e lì negli interstizi cavi delle ore
si apre il labirinto. La profezia del fauno scritta nel libro
ha pagine bianche e un rinchiudersi d’ali.
Cosa volevi dirmi solo con gli occhi?
Non c’è tempo e stringo il manubrio con forza.La bici s’impenna verso l’alto. S’infiamma.
Non rimango a terra. Via da ogni fondale. Da ogni morsa.La mantide lo ha fasciato con le sue labbra
e con un grido di rondine è venuta.
Cosa volevi dirmi solo con la bocca?
A gola scoperta. Nel fogliame secco del bosco.
Lo aveva detto il fauno alla donna.Lascia la strada, entra.
Lo stemma, l’aquila, le spade e la rosa.
Poi supera la faglia aperta nella quercia.
La foia della guerra che smuove il sangue. Vai di corsa.
Cosa volevi dirmi con le mani strette ai miei fianchi?
Non c’è tempo. La pelle ha squame di serpente.Slaccia il velluto rosso, libera i capelli.
Via il corpetto che stringe i fianchi.
Via le stringhe dagli stinchi
Via tutti gli anelli dalle dita.
Via la gonna.
Armando Saveriano
Mi fu dato di amare
nella stagione morta
di inchiodare all’uscio
le mie debolezze
di usare una garza
per proteggere
la fuga della voce
per te in cui ho creduto
Ho pesato la sostanza
del mio cuore
guardato la forma dei passi
Appuntavo primule in un mazzetto
staccavo una foglia
e mi pungeva la pelle
Mi allentavo il corpetto
mentre dal respiro
si riversava l’accumulo
delle cose del mondo
le ansie i soprassalti
e continui ripensamenti
Ero come trasfigurata
nella vaga inclinazione del tempo
l’anima bruciante di solleone
le mani a coppa sul sesso
Mi sentivo al bordo
di una perdizione inevitabile
come fossi ancora fanciulla
e non madre
Non distinguo la canzone
che si versa nell’imbuto
come acqua a scivolare
sulle pietre laviche
Non distinguo la tua bocca
la schiena dura
il membro proteso
il ghigno dell’ombra
che proietti impenitente
Sono consegnata
nell’incognita di un altrove
perciò stamani al risveglio
mi hai cercata senza trovarmi
e adesso che ti sto di fronte
mi attraversi
e neanche in un brivido
ti accorgi che sono come Iside
come la Luna annullata
dalla luce che la mangia
che ho cauterizzato le ferite ormai
che adesso cominciano
a sanguinare le tue
Troppo presto e te ne meravigli
Hai la mia marcatura nel cuore
sei irresistibilmente patetico
mentre una miracolosa provvidenza
mi traghetta via tutta nuda
tutta nuova
sicura d’aggregarmi stasera
a uno sciame di lucciole
o alle risate secche delle fronde
o ai rimorsi che ti daranno
mille tagli
Nessuno fermerà questo cheto
delirio che mi sferraglia
in petto che fa lo stillicidio
sanguigno di un’arcana paura
Il mio dolore assiderato
non ti appartiene più
ARMANDO SAVERIANO
(Tratto dalla raccolta inedita “Forse che tanto”)
Federico Preziosi
::: preludio :::
C’era l’aria nella stanza
e l’ossigeno ingolfato.
Le sfumature in carta. e le nostre serate. C’era
il tenero e il lascivo nella dose
le tue orbite in bestia
al peggio manicomio. Ritornavo dall’altrove
coi miei pezzi da 90
e l’anidride carbonica faceva il palo.
Eppure sbocciava ancora il pegno
con il senso decoroso. Ghirlande
furon estro. questa n’era. la stagione.
Davide Cuorvo
Ieri ho fotografato il lago per la terza volta.
Se non l’avessi fatto, i miei vent’anni
avrebbero ora un altro corpo,
sarei sterile come i fili di grano
che in autunno germogliano.
Semplificare la trama di aprile, quasi mi inquieta.
Nel giallo ocra del giorno è la tua voce
una beltà diversa, con lunghe chiome e folte.
Trattengo la mano e il respiro, l’inquietudine
che galoppa a breve distanza.
Cerco tre bemolli per noi,
un nuovo accordo dall’estate – che sia novembre
poco importa.
Amerò ancora l’autunno: con te avrà in comune
ciò che lasci al di fuori,
tutto ciò che muore dentro – di noi
e i millimetri di tante ferite
in entrata e in uscita
da ogni stagione.