MONIA GAITA: “La poesia non è cambiata. E’ cambiata la sua impronta percettiva” [intervista]

Marzo è stato il mese dedicato ai versi di Monia Gaita con la quale riflettiamo sul cambiamento e la percezione della poesia

a cura di Francesca Ferrara @netnewsmaker  © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cosa ispira la sua poetica e quando Monia incontrò per la prima volta la magia del verso?

Ciò che ha da sempre ispirato i poeti: l’eternità. In fondo ogni poeta cerca l’assoluto nei suoi versi; che poi non lo trovi, è un altro discorso. Ma lo cerca, e questo perseguire lo assolve dai pantani del limite e lo redime. Ambisce ad abitare uno spazio senza tempo, un pieno senza vuoto, un cielo senza pioggia.

Il verso non l’ho incontrato. Non posso dire che ci sia stato un momento preciso in cui ci siamo conosciuti. E’ nato con me, semplicemente. Era dentro di me fin da bambina. Amavo già da piccola i libri, con furia curiosa. Avevo la smania della parola. Mi soffermavo sulle parole e sulle frasi che leggevo. Le sottolineavo e le imparavo a memoria. Ricordo che guardando il cielo, chiedevo alla Madonna di farmi diventare, da grande, una poetessa o una scrittrice importante.

Cosa ha la poesia in più o in meno rispetto al passato? Come viene considerata, valutata oggi?

La poesia non è cambiata. E’ cambiata la sua impronta percettiva. Oggi molta poesia s’impernia sulla capacità dell’autore di conquistare un consenso, promozionare il libro, piazzarlo sul mercato. C’è l’attitudine alla performance e a sussumere il testamento poetico sotto una diversa ed estesa fattispecie che va dal teatro, alla danza, alla musica, alle gare nei locali. Si cerca di vitaminizzare la poesia con altre arti e sollecitazioni. Questa osmosi si rivela feconda in presenza di una poesia alta. Spesso, però, accade il contrario. Versi pessimi o mediocri vanno a riempire un contenitore vuoto salendo sulle stampelle della recita dell’attore, del ballo a tema, del sassofono o del pianoforte. Camminano, piuttosto claudicanti con quel supporto, ma senza, cadono a terra rovinosamente.

Cosa allontana oppure avvicina alla poesia? La sensibilità, gli studi e il buon insegnamento durante il proprio percorso scolastico, oppure la propria curiosità, il proprio sentire e agire?

 Gli studi scolastici, nella maggioranza dei casi, allontanano dalla poesia. Il modo in cui la poesia viene insegnata a scuola ha un effetto respingente. Ma per fortuna i buoni maestri ancora esistono, e resistono. E’ anche grazie a loro se una fetta sparuta ed eroica di studenti si avvicina alla poesia col desiderio di conoscerla e approfondirla. Risulta ovvio che questa urgenza è figlia del proprio sentire. Se dentro non ti vibra la mole della poesia, il tuo interesse sarebbe finto e capitolerebbe per morte prematura.

Ci sono poeti del passato che l’hanno maggiormente colpita e che sono tutt’oggi fonte di ispirazione? Se  sì, quali e perché?

Eugenio Montale. Lo porto nel sangue. Ha sempre detto ciò che intendeva dire coniugando l’istanza del “voglio” con quella del “devo”. Il senso della parola e la sua necessità hanno disposto una perfetta soluzione, una miscela omogenea in cui non distingui più tra soluto e solvente.

Come ha vissuto la pubblicazione della sua poetica? Quale sentire? emozione, preoccupazione?

La fretta mi ha sempre marcato col fiato sul collo. Alla fine di ogni libro, lo odiavo così tanto che volevo liberarmene. Vederlo uscire da me come un demone, come un amante ingombrante, scacciarlo, finalmente, una volta per tutte, offrirlo in pasto agli altri. Il libro pubblicato? La felicità di un attimo su cui incombe immediatamente il colpo d’ascia del prossimo lavoro già in embrione, con il turbamento che non sai ancora se sarà un parto o un aborto.

Oltre a Madre Terra, quali sono state le altre pubblicazioni e quale progetto prossimo futuro nel cassetto?

 Rimandi (Montedit-2000) e in poesia, Ferroluna (Montedit-2002), Chiave di volta (Montedit-2003), Puntasecca (Istituto Italiano Cultura Napoli-2006) , Falsomagro (Editore Guida-2008), Moniaspina (L’Arca Felice-2010).

Il progetto è continuare a scrivere. Per me che brucio tutto subito, sarebbe questo il miracolo più grande.

Di cosa si nutrono i poeti contemporanei oggi per i loro versi? Di cosa necessita la Poesia oggi per arrivare alle masse? A cosa si ispira Monia Gaita per le sue creazioni in versi. Come si rapporta al presente e al futuro la sua poetica? Quale modalità?

La poesia non è per le masse. Non è una maglia che tutti possono indossare. A qualcuno va larga, a qualcun altro stretta. Non è un’automobile che chiunque può guidare. Ha i suoi prescelti, il suo giardino, la sua casta. La poesia è fermento delle coscienze, ma solo di quelle nobili ed elette. Provare a parteciparla a fasce più larghe di umanità è uno sforzo doveroso il cui esito non sempre approda al risultato.

Nella mia poesia c’è la vita con la gioia e il malcontento della creazione. A volte gioco con la realtà, ne riplasmo la fisionomia perché questa non mi basta, mi pare sempre poca, screpolata com’è dall’inevitabile corruzione delle cose.

Non mi rapporto al futuro. Vivo il presente come l’ultimo istante. E questa sensazione di caducità mi sospinge a confluire il pensiero nei versi, con ansia febbrile. Non ho tempo. Non ne ho abbastanza.

In che modo si può e va sostenuta la poetica odierna, contemporanea, vivente e dei viventi?

 Amando la poesia, coltivandone i campi, innaffiandone i fiori, stanandone l’incanto. Ma anche dissodando i giorni per poter, poi, seminare il frumento della parola. Solo la poesia può salvare il mondo, questa protograzia dell’universo per cui un filo d’erba sa diventare un evo d’infinito.

Rifiutiamo la falsificazione della poesia, i commenti critici mendaci fatti per amicizia o per scambio equosolidale. Manteniamoci liberi e vigili. Sosteniamo la poesia vera. Prendiamo le distanze anche dalle grandi case editrici quando pubblicano libri mediocri. Impariamo a navigare senza smarrire la rotta, riconosciamo e divulghiamo il buono. La gramigna lasciamola pure ai fraudolenti. Quelli non la amano la poesia. Spacciano ferro per oro e ne sono pure contenti.

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