FEDERICO PREZIOSI: “La poesia è un’arte “bastarda”: è una realtà estremamente dinamica e interessante” [intervista]

 

Due chiacchiere con l’autore del mese, Federico Preziosi

a cura di Francesca Ferrara @netnewsmaker © RIPRODUZIONE RISERVATA

Perchè Federico Preziosi scrive versi? Quando avviene l’incontro con la poesia?

Il mio rapporto con la poesia nasce con le canzoni: da adolescente adoravo i testi di alcuni gruppi rock italiani, come i Marlene Kuntz, gli Afterhours, i CSI. Ascoltare quei testi che rievocavano in me delle immagini forti, sebbene zeppi di termini che non conoscevo, è stata una scoperta. Ricordo che scrissi in bella vista alcuni versi della canzone dei Marlene Kuntz “Come stavamo ieri” sul mio zaino ai tempi del liceo. Quella era la poesia e volevo portarla in giro, diffonderla. Alcuni amici alla fermata dell’autobus leggevano, esprimevano pareri positivi per quei versi, ma nessuno conosceva davvero MK tra i miei coetanei. Quelle canzoni non passavano alla radio, ma avevano un significato per me fortissimo, identitario oserei dire. Successivamente arrivarono Battiato, De Andrè, i testi di Mogol con Battisti e Pfm, Luigi Tenco, Vinicio Capossela, Faust’O e tanti altri.

Il mio rapporto con la scrittura nasce con la musica: avevo messo in piedi un gruppo ed eravamo orgogliosi di scrivere le nostre canzoni. I testi erano in lingua italiana e l’autore ero principalmente io. Mi sforzavo di scrivere cose non banali, che facessero riflettere, che mostrassero la realtà con crudezza e anche un po’ ironia. Ho sempre pensato che le parole fossero importanti in un testo musicale, che se qualcuno deve fare proprie le parole degli altri, deve trovarci qualcosa di speciale. Sarà per questo che ho cominciato a scrivere poesia, con lo stesso spirito di quando avevo 18 anni, da quando non riesco più a suonare per motivi professionali. In quest’arte ritrovo l’autenticità e la genuinità del tempo in cui giocavo con la musica. Non è un caso che molta della mia produzione sia ispirata proprio ad essa.

Ci sono luoghi e tempi e figure che ispirano la sua poetica?

I luoghi sono nella mia mente e nei miei ricordi o semplicemente nelle cose che vivo, sia realmente che virtualmente. Sono curioso per natura e mi piace esplorare le forme, i tempi e i luoghi. Le emozioni e l’immaginazione sanno costruire grandi cose. Sicuramente l’aver viaggiato molto e il vivere all’estero alimenta molto questa  ia ispirazione, per me tutto è tensione, nostalgia e al tempo stesso una meravigliosa esperienza ludica. La mia produzione è varia, eppure il più grande riferimento italiano che sento di avere in poesia è Aldo Palazzeschi per il suo equilibrio tra il serio e l’irriverente, poi ci sono il rap, il rock e qualcosa di Allen Ginsberg.

Quali poeti e poetesse preferisce?

I miei gusti spaziano molto: mi piace il minimalismo di Vivian Lamarque, ma anche la poesia in prosa di Giampiero Neri, le rarefazioni che evocano il senso primordiale di Francesca Dono, la forza dell’Io femminile di Floriana Coppola, la “napoletanità zen” di Ketti Martino e la poesia teatrale di Armando Saveriano. Se andiamo un po’ più indietro, oltre ai poeti già citati, mi sento attratto da Camillo Sbarbaro, Dino Campana, Cesare Pavese, Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo, gli ungheresi Attila József, Miklós Radnóti, la polacca Wislawa Szymbroska e ancora Wallace Stevens, Charles Bukowski e Vladimir Majakowski. Inoltre leggo tantissimi poeti su internet e con i quali ho un contatto virtuale quotidiano, sarebbe ingeneroso non citarli: Angelo Curcio, Max Chirio, Luca Crastolla, Giusy Rodolfi, Piergiorgio Lito, Davide Cuorvo, Pio Caso, Silvana Pasanisi, Antonio Califano e tutti gli altri Versipelle, una comunità poetica che lentamente comincia a crescere.
Lei è un giovane autore contemporaneo, un millennials, come vede il rapporto tra letteratura e web? E come valuta lo status della poesia nel 2017?

La poesia è una realtà estremamente dinamica e interessante: non credo a tutti quelli che dicono che internet sia diventata una mera vetrina, affermandolo si dimostra di non cogliere il punto. Oggi mancano i luoghi di condivisione delle arti, condivisione che porti alla socializzazione delle arti. Le case editrici subiscono questo processo e non prendono il toro per le corna, dunque per pubblicare ed essere autori è sufficiente armarsi di moneta. Non esiste altro metro qualitativo se non i soldi e il successo. Nel mio piccolo mi sono posto questo problema e sebbene i social, in particolare Facebook, pullulino di gruppi di scrittura, mi sento di dire che Poienauti, una realtà creata da Armando Saveriano e che io contribuisco ad organizzare, sia differente. Qui si incontrano persone, si discute, ci si influenza e si fa amicizia. Mi è capitato di incontrare tanti dei poeti che popolano Poienauti di persona: penso alle loro intuizioni, al loro carico umano e vitale e mi dico che gettarmi a capofitto in questa avventura è un onore, tra le cose più belle che mi siano capitate nella vita. La poesia è un’arte “bastarda”: non fa numeri, per quanto certi si sforzino a renderla immondizia con reading-passerella, il seguito che ne consegue è minimo. Essa ha bisogno del suo tempo per essere metabolizzata e solo in ambito locale può ritrovare dei “podestà” culturalmente effimeri. Se non si ha qualcosa da dire per davvero non è possibile ottenere un grande status. Nemmeno i grandi di oggi ci riescono e forse è un bene non finire nel tritacarne del divismo. Certo, mai mettere limiti alla Provvidenza, ma rispetto alla musica o alle arti pittoriche, credo che la poesia riesca a preservare una certa autenticità.
Che tipo di libri legge? Quali autori e quale genere tra passato e e presente?

Oltre alla poesia leggo romanzi. Amo la letteratura tedesca del 900, su tutti Hesse e Mann, dei russi Dostoevskij e Turgenev e, naturalmente, anche letteratura italiana, in particolare Svevo e Pirandello. Tra i contemporanei credo che il migliore sia David Foster Wallace, con il suo ibrido tra romanzo e saggio: mi coinvolge molto dal punto di vista intellettuale. Amo molto i saggi storici, in particolare di storia del secondo dopoguerra. Sono affascinato dalla politica e da alcuni personaggi, Aldo Moro su tutti. Sicuramente anche la sociologia e la filosofia sono importanti per me: Fromm, Jung, Max Weber, Cartesio, Kierkegaard, Nietzseche i miei preferiti.

Quale futuro può avere la poesia rispetto alla narrativa?

La narrativa, per come la percepisco, svela meccanismi umani, psicologici e sociali, la poesia al contrario li evoca. Una poesia ha tanto da esprimere e raccontare anche senza dire nulla di razionalmente fruibile, sa essere emozione o concetto puro. Oggigiorno la poesia potrebbe essere più sperimentale per vocazione, ma anche giocosa. Forse da un punto di vista puramente ludico si possono trovare gli sbocchi più interessanti, ma anche la sperimentazione dei suoni e delle lingue avrebbe da offrire risultati sorprendenti, in un contesto internazionale dove la tecnologia rinnova il linguaggio in maniera repentina ed il plurilinguismo è una realtà sempre più forte. E, inoltre, perché non assimilare in poesia anche altre arti? Se il passaggio successivo sarà l’approdo ad una società iconica a scapito di quella alfabetica non ci vedrei nulla di strano. Inoltre la poesia potrebbe assimilare e proporre con maggiore rapidità contenuti ipertestuali.

A quando la realizzazione del prossimo progetto editoriale?

Non saprei, “Il beat sull’inchiostro” è uscito da pochi mesi. Avrei tanto materiale da pubblicare, anche di taglio e stile totalmente diversi da quest’opera, ma certamente nulla uscirà prima del 2018.
Sogno nel cassetto?

Mi piacerebbe finire i miei giorni con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono su questa terra, qualcosa che sia utile anche per gli altri.

____________

Leggi anche:

MagnArtPoetry #34 

MagnArtPoetry #33 

MagnArtPoetry #32

MagnArtPoetry #31 

Bio

Federico Preziosi è nato ad Atripalda (Av) nel 1984. Ha studiato musicologia e beni musicali presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, laureandosi in Estetica e Filosofia della musica con una tesi dal titolo Béla Bartók – Evoluzione di un pensiero nazionale. Da alcuni anni vive in Ungheria, dove insegna lingua e cultura italiana a scuola e privatamente. L’incontro con Armando Saveriano lo proietta verso la poesia che esercita con spirito ludico e indagatore: si lascia influenzare da numerose tendenze, dal crepuscolarismo al futurismo passando per l’ermetismo e la poesia slam. 
Insieme a Saveriano ha fondato Versipelle, una comunità poetica che vanta la presenza di numerosi autori provenienti da tutta Italia ed esprime la propria voce attraverso il sito www.versipelleblog.wordpress.com.

Nel 2017 pubblica il suo primo libro di poesie, Il beat sull’inchiostro, un’esperienza su carta da immaginare musicalmente, poetry slam ideata su intrecci di rime dal ritmo serrato che descrivono la società attuale con freschezza, ironia e un pizzico di irriverenza. Sulla forza ritmica del rap si intessono immagini e impressioni repentine, schizzi di follia diluiti tra amore e odio, desideri e repressioni, dominio e liberazione. Le liriche ammiccano alla performance prestandosi alla libera interpretazione e all’adattamento, laddove i confini tra musica e poesia oggi sono sempre più labili.

Pubblicazioni:

– Federico Preziosi, Il beat sull’inchiostro, Aletheia Editore, 2017

Antologie:

– AA.VV. Sunday Poets 2016 per il quotidiano La Stampa (e-book), 2016

– AA.VV. Traguardi (a cura di Ivan Pozzoni), Limina Mentis, 2016
– AA.VV. Epistolario – I sacchi della posta Vol.2 (a cura di Lucia Lanza), La collina dei ciliegi, 2016
– AA.VV. Premio Ungaretti 2017, Antologica Atelier, 2017